Il Tentativo di Curare BPH Lunga Fame: Cronaca senza Ipocrisia

Trattamento della prostata

Prostata ingrossata: cause e rimedi (la ricerca della verità)

E’ accaduto molto tempo fa, ma gli eventi passati continuano ad esser vividi nella memoria. Mi diagnosticarono un tumore benigno. Mi avvelenavo con farmaci, ai quali la malattia non reagiva (più precisamente se ne fregava!) e imperterrita, senza sosta progrediva. I dottori erano interessati solo ad effettuare la terapia a pagamento (sia quella necessaria, che quella di cui avrei potuto fare a meno). E, dopo le sedute, non guardavano di buon occhio il fatto, che avessi delle domande da fargli. Tutto il loro comportamento era teso a infondermi la convinzione, che l’adenoma della prostata sia incurabile, che la cosa migliore da fare (a parer loro) sia sottoporsi costantemente ad analisi (anche giornalmente) o, in caso contrario, accettare il proprio destino, andare ad ingrossare le fila di quanti soffrono (ce ne sono centinaia di migliaia) e infine consegnare la propria prostata ai chirurghi perché procedano all’eviscerazione.

Trattamento ipertrofia prostatica benigna: la fame

Ma mi rifiutavo ostinatamente di entrare a far parte della folla di potenziali invalidi (benché con un’inabilità nascosta). Allora iniziai a cercare le possibili soluzioni di cura o, perlomeno, di sollievo parziale. Mi ridussi ad un tale stato che, ormai, ero intimamente disposto ad accettare anche rimedi estremi, benché entro i limiti della ragionevolezza. Feci quattro chiacchiere con gli amici. E conclusi, che quello più reale era un digiuno prolungato. Ero privo di qualsiasi conoscenza, in quel periodo peraltro non conoscevo Internet e non avevo vicino, nessuno con esperienze simili. Che dico una consulenza, impossibile era persino reperire da qualcuno un qualche consiglio. Ma dal momento che ho comunque affrontato questa prova, credo di avere tutto il diritto di scrivere un racconto in merito. Tanto più che qui non si tratta di fare una lode entusiasta, quanto piuttosto una valutazione obiettiva, con  tanto di motivazione fisiologica, di un’esperienza vissuta. Sono convinto, che la lettura dell’articolo permetterà a molti di valutare non solo i primi risultati del digiuno prolungato, ma anche le sue successive conseguenze.

Si è soliti considerare curativo (il termine non è mio, ci tengo a sottolinearlo) un rifiuto completo del cibo per un periodo prolungato. Si parla di 10 giorni, di 30 o 40, ed anche di più. E dopo il completamento del ciclo è necessario attenersi più o meno per lo stesso periodo di tempo ad un regime alimentare limitato (anche se sarebbe più semplice chiamarlo un “uscire dalla condizione di fame”). Insomma, per usare un eufemismo, bisogna affrontare un periodo difficile.

Perché nasconderlo, per ingenuità o stupidità, o molto probabilmente sia per l’una che per l’altra, decisi di rivolgermi per un consulto ad una clinica privata.  A quel tempo ritenevo che i dottori, in virtù della natura della propria  professione, debbano necessariamente consigliare per il meglio. Ovviamente mi sbagliavo. Nel rivolgermi ai dottori sprecai solo soldi.

Digiuno terapeutico

E così il digiuno. Dopo una breve riflessione decisi di affrontarlo. Ma, come si suol dire, piove sempre sul bagnato. Avevo paura. E, del resto, solo gli schiocchi non ne hanno. E se un prolungato digiuno avesse dato impulso ad altre malattie e complicazioni? Appena diedi inizio al digiuno mi resi conto, che avevo la responsabilità del mio stato di salute, pertanto dovevo non solo non mangiare, ma anche pensare.

Lo dico subito: non mi ero prefisso il compito d digiunare per un lungo periodo di tempo. Mi era sembrato di poter resistere 10 giorni, di arrivare a quindici neanche me l’ero sognato. Nella mia immaginazione mi vedevo con un viso scarno, un’andatura barcollante e frequenti perdite di coscienza. Ma riuscii a resistere per 24 giorni. Certo è stato difficile. A volte anche molto. Ma non impossibile. Nei giorni del regime di restrizione svolgevo appieno il mio lavoro ed aiutavo mia moglie nelle faccende domestiche. Il tutto, ovviamente, con non poco sforzo. Quello, che per molti organi del corpo rappresenta un riposo, può tradursi in una dura prova per lo spirito. Non ho mai sofferto di mancanza di appetito neanche nella mia vita normale, e durante il periodo di digiuno avevo voglia di mangiare tanto il primo, quanto l’ultimo giorno della procedura (per qualche motivo altri con fermezza affermano il contrario). Non avevo tempo per prepararmi al processo. Ma ora ne sono convinto, e dico a quanti dovessero eventualmente decidere di intraprendere un simile passo, non sarebbe male provare a predisporsi al processo  nel corso di alcune settimane, astenendosi dal mangiare almeno un paio di volte per un giorno intero. Consiglio calorosamente di non cercare la verità in questo modo a persone al di sotto del proprio peso.

E’ importante aiutarsi psicologicamente nei momenti difficili, cioè sapere che l’adenoma diminuisce. Pertanto consiglio a tutti gli interessati, prima di iniziare il procedimento, di effettuare una ecografia rettale della prostata, al fine di appurarne le dimensioni. Avete bisogno di precisione, quindi meglio rivolgersi ad un medico, che effettua solo diagnosi, che non ha interesse per le cure successive e, quindi,  a mentire. Abbiamo fin troppi furfanti in camice bianco nelle strutture private, desiderosi di acquisire a qualsiasi costo un nuovo paziente n grado di pagare.

E ora due parole su quello, che non si deve fare. Proibito digiunare in ambiente inquinato. Vietato fare il bagno in acqua salata, esporsi ai raggi del sole e congelarsi al freddo. Occorre bere solo acqua pulita e preventivamente bollita. In caso contrario è possibile assistere ad effetti collaterali. Nel mio caso l’intestino cominciò a lavorare, il fegato si ingrossò. Vietato lavarsi i denti, ma non farà male sciacquare la bocca con un decotto di corteccia di quercia o con l’erba di San Giovanni. E’ importante cercare di evitare il più possibile il contatto con gli alimenti. Meglio non guardare spot televisivi, girare per supermercati, negozi alimentari e chioschi, in cui si vende cibo. Altrettanto importante è spiegare a fondo la questione ai famigliari e alle persone care. Questi, in fatti, dopo qualche tempo tenteranno di persuadervi anche bruscamente di porre fine alla pratica. I conflitti nei rapporti minano una condizione psicologica già di per sé instabile. Non ci si deve incontrare con amici e conoscenti. Nel vedere i cambiamenti che sono intervenuti, molti non si limitano solo a fare delle domande, ma in maniera ossessiva si profondono in consigli (da quel momento ho smesso di dare consigli, dialogando con qualcuno, a meno che questi non fossero espressamente richiesti). Se ne avete la possibilità, l’ideale durante il digiuno è andar via di casa e starsene da solo.

E ora in merito a quel, che aiuta. Non vi è dubbio che fare una doccia calda migliori la condizione generale. Per rinvigorirsi la si può terminare con un getto di acqua fresca. Se vien voglia di mangiare, si deve bere più acqua (se ne può far uso in maniera illimitata). I morsi della fame si fanno sentire di solito nella seconda metà della giornata. In queste ore della giornata è opportuno ridurre al minimo l’attività fisica. 24 giorni di digiuno totale e 24 giorni per uscirne, per un totale di 48 giorni. Mi permetto di continuare a rispettare questa cronologia per quanto riguarda l’evolversi del tempo e raccontare le mie sensazioni.

  • Giorni 2°-24°. Si instaurò un stato d’oppressione costante, ad essere franchi qualsiasi tipo di comunicazione infastidiva. Ad ogni movimento avvertivo  pesantezza nei muscoli, disagio nelle articolazioni, ogni passo richiedeva un grande sforzo. Il corpo era sottoposto a costante disidratazione. Vi fu anche qualche caso di breve vertigine, ma credo queste non riguardino tutti. Pulivo l’intestino con il clistere ogni cinque giorni, ora sono giunto alla conclusione che potevo farne completamente a meno (quando passai all’acqua bollita non c’era più niente da pulire). Non val la pena di ledere la flora dell’intestino, benché questa sia una sfumatura di carattere prettamente individuale.
  • Giorni 2°-48°. E’ necessario monitorare il polso e la pressione sanguigna, in particolar modo dopo l’assunzione dei primi pasti.
  • Giorni 2°-14°. E’ in questi giorni che si verifica la maggior perdita di peso, fino al 16% (21% nell’intero periodo). Attenzione! In questa perdita di massa sono compresi sia i grassi, che l’acqua.
  • 4° giorno. Peggioramento della vista. Verificai un suo ripristino solo quando ripresi a mangiare il 27esimo giorno.
  • Giorni 13°-21°. Un momento critico. Si verificò qualcosa di simile alla comparsa di nuove forze. Cominciai a fare abitudine alla difficoltà nei movimenti. Intimamente provavo ad esser allegro (mi riusciva), in fin dei conti avevo superato la metà del trattamento.
  • 15° giorno. Sia pure debolmente le gengive sanguinavano senza sosta (immaginate, quale odore terribile veniva fuori respirando, occorreva evitare la gente), ebbe inizio l’avitaminosi, pensai anche allo scorbuto, ma non me ne spaventai. Di notte involontariamente mi svegliavo anche 2-3 volte e sciacquavo la bocca per alleviare il disagio e la secchezza (non volevo bere). L’emorragia cessò del tutto il 34esimo giorno.
  • Giorni 22°-24. Sono i giorni più difficili. La psiche è instabile, fece la comparsa una paura irragionevole di ammalarsi d’altro ed il desiderio di interrompere il trattamento. Tutti i membri della famiglia esercitavano una forte pressione. Ad intervalli di quasi un’ora mi imploravano di smettere.
  • 25° giorno. Fine del digiuno. Ora sarebbe il caso di ripetere l’ecografia rettale così da trovare le forze per portare a compimento in maniera degna il trattamento. Il dottore mi comunicò una riduzione della ghiandola prostatica.
  • A proposito dell’alimentazione. Mi dissero di iniziare assolutamente con delle spremute di frutta, ma il giorno dopo la loro assunzione capii, che una tale razione mi avrebbe presto provocato il disgusto. Il giorno dopo, benché con moderazione, cominciai ad assaggiare frutta, verdura e cereali. Il menu era semplice. Ad esempio purè di patate e pomodori o riso bollito con carote o ancora zucca con mele, qualsiasi tipo di cereali con olive e assolutamente cipolla. A causa del lungo forzato riposo lo stomaco può avere delle difficoltà nell’assimilare alcuni prodotti, come conseguenza di ciò può verificarsi bruciore di stomaco. Dal momento che nella dieta sono presenti pochi prodotti, diventa facile individuarli ed eliminarli.
  • Giorni 25°-32°. Si verificò un recupero dell’equilibrio idrico del corpo. In sette giorni recuperai il 10% del peso (non del grasso, impossibile accumularlo in una settimana). Tenete bene a mente le frasi indicate in grassetto. Vi saranno utili per comprendere le conclusioni.
  • Giorni 25°-48°. Astenersi dal consumo di carne, latticini e pesce.
  • 26° giorno. Il mio stato di salute migliorò notevolmente. A partire da quel momento mi sforzai di esser lieto del fatto, che avevo trovato le forze per resistere ad una prova estremamente difficile, che potevo godere del cibo e che ogni ora il mio corpo acquisisse nuove forze ed energia.
  • Giorni 27°-32°. Aggiunsi alla dieta un po’ di sale, farinacei (pane di segale), olio vegetale e, un po’ più tardi, diversi tipi di noci e semi di zucca. Ma, ripeto, tutto in maniera contenuta.
  • 49° giorno. Iniziai ad assumere cibo contenente proteine animali….

Conclusioni, e su come curare la prostata

Ed ora la cosa più importante: un’analisi ragionata. Nei mesi successivi riuscii a dimenticare la maggior parte dei sintomi più dolorosi. Presi a gioire, ma poi involontariamente mi sopresi a pensare, che era falso, che l’entusiasmo era più indotto che reale. Per qualche tempo vi fu una pronunciata leggerezza nel corpo (il peso era diminuito), ma era stata raggiunta attraverso un grave stress psicologico. Non ho l’abitudine a mentirmi. Chiunque tenti di inculcarvi la verità, che il digiuno è una festa, che dopo aver dato inizio a questa epopea, troverete pace, rimane sempre il fatto che il rifiuto del cibo è uno stress enorme e prima o poi vi si ritorcerà contro. Beh, va bene, quello che è stato è stato, può essere che per qualcuno il processo si riveli davvero piacevole. Non intendo discutere con nessuno in merito. Ed ora passo ad analizzare lo stato di una persona, che ha digiunato a lungo, con la fisiologia.

Dunque, dal momento in cui il paziente smette di assumere il cibo, il suo corpo comincia a liberarsi non solo dalle tossine, ma anche da tutto ciò, di cui aveva bisogno per una completa funzionalità. Si bruciano i grassi, si espellono le proprietà minerali e niente viene reintegrato. Va bene ancora se c’è del peso in eccesso, ma se non ce n’è? La membrana cellulare (questa sorta di guscio), a mio modo di vedere, si trasforma come in un colabrodo, le cellule si disidratano e i liquidi non possono essere in alcun modo trattenuti al loro interno. Insomma, potete bere anche più del solito, ma l’acqua non potrà essere assimilata, o per meglio dire rimarrà nell’organismo solo per un periodo di tempo limitato. L’organismo entra in uno stato, in cui si prova una costante mancanza di liquidi.  Questo è dimostrato in maniera inoppugnabile dalla cessazione del digiuno, dal ritorno all’assunzione di cibo e dal processo di controllo attraverso frequenti verifiche del peso. La quantità di cibo è molto limitata, ma il peso viene recuperato attivamente. L’accumularsi nel corpo di elementi biologicamente rilevanti favorisce l’aumento della componente idrica. Tale conclusione è pertanto inopinabile. Ed ora vi invito ad immaginare e a pensare come si comporterà, dopo tali prolungati cambiamenti, il tessuto vascolare (sia in presenza di un peso forma, che nel caso di smaltimento dell’eccesso). Si è vero, il tessuto vascolare è stato ripulito, ma l’equilibrio idrico al suo interno è stato modificato. Ed è un danno questo, dopo il quale un recupero completo dell’elasticità è sostanzialmente impossibile. La maggior parte di coloro, che hanno affrontato il digiuno, non sapranno mai quanto i propri vasi capillari, grandi e piccoli, siano stati danneggiati, perché purtroppo la diagnostica non è in grado di operare ad un tale livello. Ma dopo un po’ di tempo si verificherà un peggioramento dell’iniziale condizione di benessere. Diventando più rigido, contrariamente alle aspettative, il sistema vascolare trattiene maggiormente il colesterolo in forma di placche. Il malato non è disposto ad approfondire, tentare di trovare spiegazioni a ciò che accade è incredibilmente difficile, e lui ha già un cammino da percorrere. L’astensione dal cibo gli procura un certo sollievo dai vari sintomi dolorosi della malattia. Si entra in un circolo vizioso. E quanti più cicli ci sono all’interno del sistema, tanto più diventa difficile uscirne. La frequenza delle pause (ovvero i periodi di assunzione di cibo) deve essere breve da subito o diventare tale successivamente. Vale a dire, che se qualcuno assume un impegno serio nei confronti del digiuno, poi è obbligato a rispettarlo in maniera permanente fino alla fine dei suoi giorni. Esiste una percentuale molto piccola di persone, che affronta senza particolari disagi psicologici l’astensione completa dal cibo. Ecco, per loro queste regole possono rivelarsi valide. Ho espresso il mio punto di vista, ho cercato di dargli un fondamento logico. Ma ho il sospetto che non a tutti piacerà. Anche perché tutta questa materia informativa è piena di teorie varie, lavori di ricerca, nomi noti e sostenitori intransigenti. E’ solo che ritenevo e ritengo, che non si può propugnare il digiuno prolungato come metodo curativo. Nessuno sa, quante vite ha spezzato.

Dopo ogni errore è utile analizzare l’accaduto e, ad essere onesti, non ho mai provato rimpianti verso quanto ho vissuto. Non ho avuto problemi e non ho superato il punto di non ritorno. Il successo non è questione di fortuna, lo si ottiene con duro lavoro, ricerca e superamento di se stessi. Quanto sperimentato ha generato in me la seguente convinzione: messe insieme tutte informazioni presenti sull’argomento, la iperplasia della prostata non solo si può, ma si deve combatterla. Ed uno dei pilastri del successo è rappresentato indubbiamente da una ragionevole quantità di cibo e da una moderazione nell’ambito dell’intero processo. Come sconfiggere completamente la  malattia è spiegato nel mio lavoro metodologico “Senza adenoma della prostata”.

Ad ogni modo sono tenuto a formulare la conclusione generale, che confuta l’opinione diffusa tra i più. Affermo, assumendomene la responsabilità, che l’adenoma della prostata non si cura con il digiuno prolungato. Essa (ovvero la fame) contribuisce solo ad attenuare temporaneamente i sintomi dolorosi. Tenuto conto dei gravi e, per molti aspetti, imprevedibili effetti collaterali, proprio non mi riesce di definire curativo il digiuno prolungato.

Con stima, l’autore del sito, Gennadiy Plotyan, città di Krivoy Rog, Ucraina.